BacileDeruta, XVII secolo
BacileDeruta, XVII secolo

BacileDeruta, XVII secolo

Maiolica. Marca: assente. Diametro cm 44. Conservazione: rottura in due frammenti ricomposti sulla tesa tra le ore 11 e le ore 13; insignificanti cadute di smalto al bordo; felatura alla tesa che scende verso il cavetto alle 9Si tratta di un grande bacile da acquereccia, con umbone centrale e ampia parete a baccellature; retro apodo. Nel recto, all’interno di un medaglione centrale, corrispondente all’umbone, campeggia uno stemma ornato di cimiero e piume, e sorretto da due putti; attorno, fino alla tesa, si dispongono otto medaglioni ovali racchiudenti coppie di quadrupedi e caseggiati, su sfondo a motivi fitomorfi; sulla tesa invece si alternano partizioni delimitate da strette fasce, che racchiudono piccoli animali (uccelli e quadrupedi), attorniati da rameggi e corolle. Nel verso, lungo la tesa è dipinta una fascia con motivo di pseudo baccellature. Dipinto in monocromia blu.Siamo in presenza di un fastoso esempio di bacile da acquereccia, modellato ad imitazione del vasellame metallico, il cui umbone centrale corrisponde al diametro del piede incavato di una brocca, che veniva appoggiata con funzione di versatoio dell’acqua per lavare le mani. Il Cellini descrive bene i caratteri di ricercatezza di tali vasellami, sia d’uso ma anche d’arredo, di aristocratica committenza come lo stemma di questo in esame dimostra, ovvero “tutti a dua ricchissimamente lavorati di fogliami e di animali diversi. Queste si domandavano acquereccie, che per pompa di credenze di cardinali servivano”.La loro produzione si attesta soprattutto nel Seicento in molte aree italiane (Liguria, Faenza, Toscana ecc.) e si prolunga per tutto il secolo e oltre. Per i bacili da acquereccia derutesi è estremamente difficile fissare una cronologia ad annum, in assenza finora di opere munite di data. Deruta su questa stessa foggia poteva proporre anche le “grottesche” policrome, ma in questo caso siamo davanti ad una veste decorativa in stile “calligrafico naturalistico”, il cui repertorio fito-zoomorfo è attestato anche attraverso frammenti di recupero urbano. Si tratta di un repertorio, per lo più in monocromia azzurra o arancione, rispondente all’omonimo stile, la cui denominazione è stata adottata dalla ceramologia ligure per la stessa classe coeva, che, oltre a Deruta, ha avuto notevole riscontro anche a Faenza 1).Esso deriva dall’analogo, ma più raffinato, repertorio ligure coevo, nato su ispirazione di originali cinesi d’importazione, e, come fattura, ancora più strettamente da una serie di vasellami contrassegnati dalla segnatura dello stemma sabaudo, che si conservano, ad esempio, nel MIC Faenza, a Palazzo Madama a Torino e nel Museo di Arti decorative di Digione.Il Museo faentino va inoltre richiamato in quanto conserva una coppia di simili bacili ed una serie di vasellami ascritti a officine derutesi del Seicento, con analoga decorazione in stile “calligrafico” 2).NOTE:1) RAVANELLI GUIDOTTI C., Thesaurus di opere della tradizione di Faenza nelle collezioni del Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza, Faenza 1998, pp. 532- 542.2) Ceramiche umbre dal Medioevo allo Storicismo, a cura di C. FIOCCO – G. GHERARDI, Catalogo Generale delle raccolte del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, vol. 5, Faenza 1988, schede 351- 362.

Stima:1000 € - 1500 €