
Maiolica. Altezza cm 38,5 circa. Conservazione: un pezzo presenta restauri parziali al bordo della base e al collo, mentre l'altro presenta restauri parziali al bordo della base, al collo e al corpo (ripristino di felature o ricomposto ?)I due vasi presentano corpo globulare, poggiante su piede svasato a base piatta, e alto colletto cilindrico ad orlo leggermente estroflesso. Sull’intera superficie, su fondo a smalto azzurro “berettino”, si dispongono motivi romboidali “a nodo”, “rabesche”, palmette e fogliami in blu con minime lumeggiature e filettature bianche.Siamo di fronte ad una rara coppia di vasi di classica forma farmaceutica, anche se l’usuale indicazione del farmaco in questo caso è assente. Essi appartengono ad un’affascinante classe di maioliche, dette nei documenti “vaghezze e gentilezze” di Faenza1: espressione che appare in una fonte del 1528 relativa a esportazioni ceramiche a Bologna. In generale per tutta la prima metà del Cinquecento tale espressione era usata per indicare una tematica vaga e gentile, appunto, che, accanto alla “grottesca”, nel corso di alcuni decenni andò elaborando un repertorio composto da “rabesche” di ispirazione orientale, girali, foglie, festoni, frutta, nodi (“groppi”), trofei, “quartieri” ecc. Tale repertorio veniva applicato ad ogni gamma possibile di forme, da quelle “aperte” (ciotole, piatti, piastrelle pavimentali ecc.) a quelle “chiuse” (boccali, vasi globulari, albarelli, fiasche ecc.). Non meno interessante si mostra la qualità tecnica di queste due “bocce”, che in generale connota la tipologia cui appartengono. Lo smalto infatti può assumere tutte le gamme possibili di azzurro, più o meno intenso, fino al blu lapislazzulo, raggiungendo esiti di grado molto sofisticato. Nel caso in esame, inoltre, la “vaghezza” è frutto della combinazione di “rabesche”, di matrice orientale, a “groppi” derivati dai cosiddetti “nodi vinciani”, largamente impiegati nel Rinascimento per la decorazione di ricami, tessuti, cuoi, armi o gioielli. L’attribuzione a Faenza è sostenuta da numerosi reperti e scarti di lavorazione, comprendenti anche frammenti in “biscotto”, provenienti da siti urbani2NOTE:1RAVANELI GUIDOTTI C., Thesaurus di opere della tradizione di Faenza, Faenza 1998, pp. 306- 338.2Ivi, pp. 328- 33