MASSIMO CAMPIGLI (Berlin 1895 - Saint-Tropez 1971) L'idolo / Enigram / Idolo variopinto 1963 olio su tela cm 85x65 firmato e datato in basso a destra al retro cartiglio Galleria La Bussola, Torino al retro timbro Galleria Bergamini al retro altro timbro illegibile al retro sul telaio timbro Galleria Cavalletto, Brescia n. 1290 L’opera è accompagnata da autentica dell’Archivio Campigli e ivi registrata col n.63-105. Provenienza Galleria d'Arte "La Bussola", Torino Galleria d'Arte il Cavalletto, Brescia Collezione privata Esposizioni Torino, Galleria d’Arte “La Bussola”, Le prigioniere di Campigli, dal 10 [– 23] ottobre 1964, fuori catalogo Brescia, Galleria d’Arte Cavalletto, “Accrochage in Galleria”, 30 marzo – 18 aprile 1968 (cat.), s. n., ripr. Bibliografia A.Cannistraro, Pittura contemporanea nelle collezioni private, Centro Internazionale Arti Figurative, Firenze 1970, vol. 1, ripr. p. 325 […] In tutti i suoi aspetti tematici, stilistici, compositivi e pittorici il dipinto si inserisce bene nell’ambito dell’opera di Campigli agli inizi degli anni Sessanta. In questo periodo ci fu nell’arte del pittore una svolta radicale verso un’astrazione e una stilizzazione estreme, mai prima registrate, una svolta fortemente ispirata sia dall’arte extraeuropea sia dall’arte preistorica. Il quadro rappresenta il soggetto centrale dell’intera produzione di Campigli, la donna, qui raffigurata come un idolo monumentale dalla sagoma ondulata tipica di certi idoli preistorici, detti a forma di violino. La soluzione compositiva della figura estesa per tutta l’altezza del supporto e tagliata dai bordi superiore ed inferiore dello stesso, fa sì che essa sembri comparire e scomparire – quale apparizione numinosa – davanti allo spettatore. La parte della testa, al di sopra degli occhi, e la parte inferiore della figura addirittura si dissolvono, unendosi con lo sfondo giallo, mentre il resto del corpo ne rimane ben distinto grazie al contorno scuro. L’idolo femminile è circondato da una forma rettangolare, un rimando alle pareti a cassettoni spesso dipinte dietro le figure di donna nei quadri di Campigli degli anni Quaranta (cfr. n. 48-047 o n. 49-0282). Nel dipinto in esame, in ogni angolo del rettangolo campeggiano piccole variopinte figure di accompagnamento: in basso, a sinistra un cerchietto giallo e a destra un rombo rosso e blu; in alto, a sinistra due busti astratti in rosso e blu e a destra una figurina bianca su sfondo blu. Quest’ultima, come la figura principale del dipinto, rimanda decisamente all’arte preistorica, nello specifico è simile a un tipo di idoli femminili, provenienti dall’Iran, composto da triangoli sovrapposti. Nel 1970, guardando indietro al decennio trascorso, Campigli riflette sulla sua arte spiegando tale astrazione figurativa: “Le [donne] faccio più schematiche, più che descritte vogliono essere ‘scritte’, diventare cifra, sigla, segno. Cerco attraverso le forme più diverse un’impossibile forma ‘definitiva’ che rappresenti o meglio significhi la Donna. […] Sicché queste donne sembrano idoli, totem o giocattoli fatti al tornio. Non c’è traccia d’ironia, ma un’esitazione tra il culto delle cose supreme e il gioco, che può essere cosa grave quanto il culto.” Dal punto di vista stilistico, il dipinto in esame rientra in un gruppo di tele che si distingue per il pattern particolare dei corpi, ovvero dei “vestiti”. Essi sono ricoperti da tanti segni di tutti i colori, molti dei quali cuneiformi, che ricordano le maschere e vestiti di un lontano culto tribale, con ornamenti di penne colorate, oppure i reliquiari antropomorfi medievali, tempestati di pietre preziose. I vari titoli che oltre a quello semplice di Idolo sono documentati per tanti quadri di questo periodo – ad. es. per il n. 62-056 Idolo barbarico / Idolo ingemmato / Idole ornée de pierreries oppure Enigma per il dipinto in esame – a loro volta suggeriscono, anzi comprovano l’adesione ad una dimensione cultuale con cui Campigli amplia il significato delle sue immagini femminili, come se volesse celebrare un culto privato incentrato sulla donna. Nel dipinto si riscontrano inoltre come caratteristiche del Campigli dei primi anni Sessanta la materialità e la vivacità della pittura: la superficie ruvida, le incisioni nel colore, le pennellate visibili date con vecchi pennelli induriti, le parti lisce trattate con la spatola, nonché il fatto che in diversi punti traspaiono il colore chiaro dell’imprimitura e la struttura nodosa della tela stessa. © Archiv Weiss © MASSIMO CAMPIGLI, by SIAE